Righe e colonne per 9 beatitudini... forse 8

IV domenica del tempo ordinario - anno A

Le 9 beatitudini (
che puoi trovare qui) si possono distribuire in modi diversi e tra le possibilità offerte, alcune hanno tutto il peso e la credibilità di studi approfonditi e, quindi, sono le letture più vicine alla realtà.
Senza scientificità, senza alcuna certezza e senza alcuna autorità in grado di suggerire nuovi percorsi o correzioni, mi è venuta in mente un’altra disposizione.

Perché proporla, se non ci sono certezze e competenze? Perché così facendo le beatitudini sono tornate a parlare alla mia vita, quella semplice che faccio tutti i giorni.
Diremo allora che con questo facciamo un week-end a riposare e riconfortarci per tornare poi alla serietà delle cose.

Naturalmente, e questo lo sappiamo, le Beatitudini sono lì a rispondere ad una domanda: cosa vuol dire essere discepoli di Gesù?... Cosa devo “fare”?

E, allora, la disposizione di cui si diceva? La più semplice e la più facile: la prima beatitudine con la seconda, la terza con la quarta e così via fino all’ottava. Fatto questo che rimane? Che la prima della coppia di beatitudini propone il “metodo” e la seconda il “contenuto”.
Proviamo con un paio di esempi, poi vai avanti tu.

La prima beatitudine letta con la seconda:
3«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.


Partiamo dalla seconda (il “contenuto”): occorre essere nel pianto cioè occorre essere in lutto, di che lutto si tratta? Lo dice Matteo usando lo stesso termine quando, per difendere i suoi discepoli accusati di non fare digiuno, dice: “Possono gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?...” (9,15).
Il discepolo, tu, se vuoi seguire Gesù, devi essere in “lutto” perché sai che Gesù è con te, ma non lo è in pienezza come lo sarà alla fine dei tempi, infatti ti accorgi che è per te fatica pregare, stare in chiesa e nei tuoi giorni come nella tua preghiera talvolta senti il Signore e talvolta no. In “lutto”, poi, anche perché intorno a te c’è un mondo che vive e si riferisce a criteri dove Gesù e la sua parola sembrano non avere più casa e neppure il diritto di esistere.
Se questo è il contenuto occorre un metodo che lo renda atteggiamento sincero e non vuoto brontolamento, o distacco presuntuoso e ideologico dal mondo degli altri oppure espressione della paura di ciò che è solo diverso da noi. Il “metodo” lo indica la prima beatitudine insegnandoti che tutto si fa vero a patto che il tuo cuore sia veramente povero, cioè affidato a Dio e non alla tua visione delle cose spacciata per la visione di Dio.

Forse questa coppia è risultata un poco difficile, ma le altre due sono molto più evidenti:
5Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.

Come amico di Gesù devi seguire la logica della giustizia, la giustizia di Dio che consiste nella sua fedeltà a sé e alla sua promessa, al suo disegno di salvezza. Sarai giusto se sarai fedele e in questa fedeltà sarai anche giusto nei confronti del fratello e collaborerai a costruire una società più giusta.
Di qui il metodo: la mitezza. E cosa possa essere la mitezza, lo dice Cristo stesso: “imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Matteo 11,29). Dunque, anche qui, non la giustizia frutto dello schema umano, la tua giustizia per cui tu hai ragione e gli altri torto, non la tua giustizia che spesso nel giudizio ferisce ed emargina, ma la giustizia che è Cristo stesso cioè mite cioè frutto del tuo atto d’amore che in Cristo è pronto a consumarsi per l’altro.

Così anche per le altre due coppie la quinta e la sesta beatitudine:
7Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.

Il contenuto che fa di te un discepolo è la purezza del cuore, ma non una purezza farisaica che ti mette su un piedistallo, quanto una purezza, cioè una coerenza, una lealtà, una trasparenza nel vivere in rapporto con te stesso, con Dio, con gli altri e con i valori della vita vissuti nella misericordia, nel cuore dato, nella compassione.
“Severo”, dunque, con te stesso, “severo” nell’indicare le cose con il loro nome: peccato per peccato, male per male, e infinitamente misericordioso, innamorato dell’uomo che cammina e arranca nella sua via attraverso la vita, nell’inseguimento del sogno del Bene talvolta confuso e scambiato con dei beni con la
b minuscola.

Il gioco è ormai fatto e puoi provare tu con le rimanenti con la possibilità, inoltre, di mantenere le coppie ma capovolgendo i termini. Il contenuto lo puoi fare diventare il metodo e il metodo il contenuto. Per esempio, tornando alla prima beatitudine, per essere discepoli occorre essere poveri cioè affidati al Signore, ma questo affidamento non potrebbe essere sincero se non ci fosse (metodo) il lutto cioè il dolore per la nostra lontananza da Lui e per la lontananza da Lui del mondo.
Buon “divertimento”, ma, alla fine, rivoltale di qui, rivoltale di là, le beatitudini chiedono di diventare la traccia della nostra vita, via che ci fa essere discepoli di Cristo, ma questa è... un’altra avventura.